50 sfumature di verde - guida al riconoscimento del greenwashing
Qual è il colore dell’eco sostenibile?
Sicuramente stai pensando ad un verde, il verde dei prati appena tagliati, dei boschi incontaminati, ci sono di mille sfumature di questo colore.
Ora aggiungi un po’ di grigio et voilà, ecco il colore del greenwashing, un colore scuro, indefinito, con un retrogusto amaro che puzza di rancido.
Il greenwashing ha il colore della verdura “industriale”, fuori bella e perfetta, che quando la addenti è già andata a male.
Il greenwashing ha il sapore amaro della bugia, della verità nascosta sotto una coltre di polvere soffiata negli occhi.
Il greenwashing è luccicante e pieno di lustrini, lustrini cuciti su un vestito consunto e tarmato.
Il greenwashing è la falsa promessa di un futuro verde, dove tutti correremo tra prati fioriti respirando aria cristallina, dove al di là della collina si cela una raffineria.
Ma andiamo con ordine:
Cos’è il greenwashing?
Sostenibilità, una parola che va tanto di moda.
La senti in tutte le salse, in tutti i comunicati. È sostenibile il biscotto che ti rende un supereroe, il prodotto che fa risplendere la casa e l’automobile che ti porta da un posto all’altro lungo strade vuote e paesaggi incantevoli.
Sono tutti sostenibili, peccato che la parola “sostenibile” si concentri solo un dettaglio del prodotto:
- il biscotto di green ha solo il packaging mentre il grano con cui è fatto contiene glifosato
- il bicarbonato nel prodotto per la pulizia c’è, ma solo al 2%
- il carburante con cui va l’automobile non è green per definizione
Ecco cos’è il greenwashing, l’ecologismo di facciata che ti fa credere di aver acquistato qualcosa di assolutamente green, mentre in realtà il prodotto non è per nulla - o quasi - sostenibile.
L’appropriazione indebita di virtù
Una delle più belle definizioni di greenwashing ce la dà Valentina Furlanetto, nel suo “L’industria della carità - da storie e testimonianze inedite il volto nascosto della beneficenza"
«Una forma di appropriazione indebita di virtù e di qualità ecosensibili per conquistare il favore dei consumatori o, peggio, per far dimenticare la propria cattiva reputazione di azienda le cui attività compromettono l'ambiente»
Greenwashing significa vendere i propri prodotti e millantare virtù d’impresa nascondendole sotto una patina green che confonde senza averne i meriti.
Come nasce il termine greenwashing?
Greenwashing è letteralmente lavaggio verde, ma che origine ha questo termine?
Siamo negli anni ’80 e le aziende alberghiere sollecitano gli utenti a diminuire il consumo degli asciugamani con la scusa di ridurre l’impatto ambientale derivato dal loro lavaggio.
La reale motivazione dietro a questo invito pseudo-ecologico è che le catene alberghiere vogliono risparmiare sulle spese di lavanderia.
Da qui greenwashing, coniato nel 1986 da Jay Westerveld che per primo denuncia questa pratica.
Tradotto: l’azienda che pratica greenwashing spende più soldi per comunicare di essere eco friendly rispetto a quanti ne investa per minimizzare concretamente il proprio impatto ambientale.
Come riconoscere il greenwashing
Oggi sono tante le aziende che dichiarano di essere sostenibili e di creare prodotti miracolosi e favolosamente green.
Ma è proprio questo termine – green – ed i suoi sinonimi che ti devono far scattare un campanello d’allarme.
Quali sono le worst practices a cui ricorrono le imprese che praticano il greenwashing?
Pensavo fosse amore, invece era un calesse
Green, sostenibile, eco-friendly, sono come le parole “ti amo”: se sostenute dai fatti dischiudono mondi meravigliosi, altrimenti rimangono solo parole, vuote come la tromba delle scale in un palazzo a sei piani.
Coerente come un generale che parla di pace con un fucile in mano
Ci deve essere coerenza tra il prodotto ed il comportamento dell’Azienda: aziende che pubblicizzano prodotti green realizzati sfruttando i lavoratori non sono sostenibili.
Come difenderti dal greenwashing
Spesso il marketing delle società che praticano il greenwashing pecca di troppo entusiasmo: per cercare di vendere di più cavalca l’onda green del momento e confonde sostenibile con non eccessivamente inquinante.
Ma ci sono anche esempi di greenwashing fraudolento, dove messaggi palesemente falsi sono veicolati al mondo della sostenibilità.
È il caso di quelle aziende che producono prodotti inquinanti e li mascherano con certificazioni inesistenti, parole ed immagini fuorvianti.
Chi vigila in Italia su Greenwashing?
In Italia ci sono diversi soggetti che fanno controlli sulla veridicità delle comunicazioni commerciali.
Ci sono le Associazioni consumatori che vigilano e svolgono inoltre attività di consulenza ed assistenza legale nelle procedure di conciliazione.
C’è lo Iap, l'Istituto dell'autodisciplina pubblicitaria che raccoglie i soggetti coinvolti nella pubblicità: le imprese che investono, le agenzie creative ed i mezzi di diffusione con il fine di tutelare il pubblico affinché la comunicazione commerciale sia “onesta, veritiera e corretta”.
Nel 2014 ha introdotto nel Codice di Autodisciplina della comunicazione commerciale l’articolo 12: “La comunicazione commerciale che dichiari o evochi benefici di carattere ambientale o ecologico deve basarsi su dati veritieri, pertinenti e scientificamente verificabili. Tale comunicazione deve consentire di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata i benefici vantati si riferiscono”.
La norma impone criteri di trasparenza e standard di correttezza nell'ambito della “comunicazione verde” ed ha introdotto il vincolo di verificabilità scientifica delle dichiarazioni.
A livello nazionale ti puoi rivolgere all’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato che vigila e reprime la pubblicità ingannevole sanzionando le aziende che lo praticano con multe che possono arrivare fino a 5 milioni di euro.
L’Ente ha inserito la pratica del greenwashing nella black list delle pubblicità ingannevoli.
Perché il greenwashing è un problema
I problemi del greenwashing sono fondamentalmente due:
- il primo, quello più evidente: indurre gli utenti all’acquisto facendo leva su falsi presupposti di sostenibilità
- l’altro, più subdolo: una volta ingannato, il consumatore tenderà sempre più a diffidare di qualsiasi messaggio di sostenibilità, anche quando veritiero.
Allora come riconoscere le aziende che fanno della sostenibilità il reale modo di vivere e lavorare, al di là delle parole?
Il segreto è rimanere con la mente aperta e critica, saper leggere gli atteggiamenti al di là delle parole e le etichette al di là della confezione.
Essere sostenibili
Quali sono le aziende realmente sostenibili?
Essere sostenibili non è solo una parola, ma una pratica che permea tutta la vita lavorativa.
Essere sostenibili significa mettere al centro le persone: rispettare i diritti dei lavoratori, creare ambienti di lavoro stimolanti e di crescita personale, avere cura delle persone che utilizzeranno il prodotto, realizzare per loro sistemi pensati per il benessere psicofisico, sicuri, atossici e riciclabili.
Essere sostenibili significa studiare prodotti che producono reale benessere nelle persone, utilizzare materiali sostenibili, impiegare un sistema produttivo a basso impatto ambientale.
Essere sostenibili significa mettere in pratica un’Etica aziendale che non rimanga solo sulla carta.
Scopri cos’è la Sostenibilità in Rippotai.